| #PERCORSIDELLATUSCIA | Dal Mignone alla Mola percorrendo la Via Clodia – ORIOLO ROMANO

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Potrete camminare in un territorio, tra pascoli, colline e il fiume Mignone, che fin dall’antichità bene si prestava allo sviluppo di attività agricole e pastorali perché  prive di alture adatte ad insediamenti naturalmente difesi. Anticamente il paesaggio era caratterizzato da una fitta selva che, con il passare del tempo e in seguito ai disboscamenti, è cambiata radicalmente lasciando il posto alle coltivazioni e all’allevamento del bestiame. E’ facile incontrare, ancora oggi, gregge di pecore e di vacche maremmane brade al pascolo.

Qui passava un diverticolo della via Clodia, di cui rimangono alcuni tratti di basolato, che arrivava all’area archeologica etrusca di Fontiloro al confine con il comune di Vejano. Oggi, rimangono solo  pochi resti immersi nel folto della vegetazione: un monumento rupestre della prima metà del 1 secolo d.C. a profilo modanato ricavato sul ciglio di una castellina tufacea interpretabile come un Auguraculum (altare) e tre massicci pilastri realizzati in blocchetti regolari di tufo, resti  di quello che un tempo era un ponte.

Ma è la presenza dell’acqua che favorì lo sviluppo di queste terre! Il territorio di Oriolo Romano è ricco di sorgenti, alcune anche termali, che hanno favorito l’agricoltura anche per la presenza di affioramenti di banchi di tufo, che contribuiscono alla conservazione di acqua e al mantenimento di un sottosuolo umido. Questa presenza di acqua creò le condizioni per lo sviluppo di un’area produttiva nel Cinquecento con la costruzione di una mola, di una ferriera e la lavorazione di lino. Ed è proprio la mola la meta dell’ escursione!

“Oltre di questo per comodità delli habitatori si è fatto una mola da grano, con una vasca da pugnar i panni de lana nel loco dove l’acqua del Biscione entra nel Mignone discosto dall’Oriolo due miglia e mezzo, e è bisognato serrare il fosso del Mignone con muro grosso in fondo palmi trentadue per alzar d’acqua palmi trentaquattro. Si è speso in questa fabbrica scudi duemila-duecento, e si suole affittar centosettantacinque rubie di grano”.  Così nel 1591  Giorgio Santa Croce l’ideatore del borgo ideale di Oriolo Romano descriveva la mola nel documento “Descrizione dell’origine e principio del Castello detto Oriolo”. Pensate che la mola è stata in funzione fino al 1911!

Oggi, il paesaggio è di estrema suggestione e bellezza. Il rumore di una cascata ci accoglie: è il fiume Mignone (conosciuto da Enea secondo il poeta Virgilio, quando l’eroe andò a cercare alleati tra gli Etruschi di Cerveteri e Tarquinia) che si getta dal vecchio muro della diga di contenimento formando un piccolo lago che nelle calde giornate estive t’invoglia ad un bagno non solo di freschezza ma anche purificatore. Più avanti, una polla di acqua sulfurea fa sentire il leggero gorgoglio del suo getto, annesse vi sono due piccole piscine costruite dall’Università Agraria nel 1980, tutto intorno c’è del giallo e l’odore di zolfo è intenso, ma ben presto ci si abitua.

E poi, quasi a dominare i resti della diga, un  acero campestre di stupefacente bellezza, soprattutto nella vitalità del suo tronco e nell’espansione dei suoi rami, in particolare in autunno quando offre una macchia di colore con le foglie che si tingono di tonalità che vanno dell’arancio bruciato al giallo uovo.

Itinerario a cura di Antico Presente – http://www.anticopresente.it

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