| dal 18 MAGGIO 2019 | TARQUINIA – Narrazioni sugli antichi Etruschi: usanze e tradizioni

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A Tarquinia, ciclo di tre conferenze con breve rievocazione storica, dimostrazioni e presentazione di oggettistica ad uso quotidiano.


Sabato 18 maggio 2019 ore 18,30 (Ufficio informazioni accoglienza turistica, Piazza Cavour)

“La condizione della donna presso gli antichi Etruschi”

Nell’antichità presso molti popoli il ruolo della donna era subalterno rispetto a quello dell’ uomo. Presso gli etruschi, invece, la donna gode di autonomia e libertà. Aveva un nome proprio e poteva disporre di mezzi economici. Attraverso le testimonianze dell’epoca scopriremo le caratteristiche della condizione femminile di quel raffinato popolo. Sarà presente una modella in costume che rievocherà qualche momento della giornata di una donna etrusca.

 

Sabato 25 maggio 2019, ore 18,30 (Ufficio Iat)

“Il cibo degli antichi Etruschi”

Curiosità e storia del territorio. Come e cosa mangiavano gli etruschi? Come cucinavano i propri alimenti? Quali strumenti utilizzavano per servire le pietanze? Attraverso la testimonianza delle fonti potremo fare un breve viaggio alla scoperta del rapporto tra cibo, cultura e territorio. Verranno presentati degli oggetti ad uso quotidiano in riproduzioni di quelli antichi.

 

Sabato 22 giugno 2019, ore 18,30 (Ufficio Iat)


“Oreficeria presso gli antichi Etruschi: la cera persa”

L’arte dell’oreficeria etrusca raggiunge livelli di eleganza e raffinatezza che nessun popolo ha conosciuto fino a quel momento. Vedremo, attraverso l’ osservazione delle fonti, quali tecniche fossero utilizzate per la realizzazione di monili in bronzo fino alla nascita della lavorazione dell’ oro e approfondiremo con una breve dimostrazione la tecnica della cera persa.


La partecipazione è gratuita, è obbligatorio aderire all’iniziativa prenotando inviando una mail a info.tarquinia@gmail.com o telefonicamente

Per informazioni: Ufficio IAT 0766849282

 

Scheda: Velia Spurinna – 
Tarquinia, Tomba dell’Orco (IV sec. a.C)


Dei Velcha conosciamo anche l’aspetto, perché molti di essi furono dipinti nelle pareti della loro grande Tomba degli Scudi, che prende il nome dalle armi raffigurate in uno dei suoi affreschi. Qui, tra gli altri, appaiono anche i genitori di Arnth, che, adagiati sul letto conviviale, davanti ad una tavola imbandita, si scambiano l‘uovo dell’eterna fertilità, mentre una giovane ancella muove per loro un ventaglio di foglie e di piume. Arnth e suo fratello Vel, avvolti in caldi mantelli, stanno invece in piedi vicino ad una porta.

Velia, sposando, assunse dai Velcha il nome con il quale è nota in tutto il mondo. Eppure portava in sé così impresse la grazia e la dignità degli Spurinna che questi, straziati dalla sua morte, forse precoce, la vollero dipinta nella loro Tomba dell’Orco. Ora, basta scendere i ripidi scalini di questo regale sepolcro, fare pochi passi e cercare con gli occhi: improvvisamente la fanciulla ci appare in un piccolo affresco sospeso in un mare grigio e indistinto di colori, consunti dai millenni.

Si presenta di profilo, quel suo famoso profilo netto come una scultura che, reso con grande realismo ma stemperato nella dolcezza dei particolari, ancora suscita stupore e costituisce l’immagine più nota dell’iconografia etrusca. La ragazza veste una morbida tunica e un mantello bordato di rosso. Indossa gli ornamenti preziosissimi ma semplici degni del suo rango: orecchini a grappolo, collare di ambra, la corona di foglie di alloro sulla chioma. I capelli castani sono in parte trattenuti alla nuca da una elegante reticella, in parte ricadono in morbidi boccoli ai lati del volto. Che è assorto. Il naso è dritto, di linea greca. Le labbra sono piene e sensuali ed evocano perduti contatti d’amore. Perciò si piegano in un sorriso doloroso quasi che il richiamare le gioie della vita appena trascorsa procuri ancora alla ragazza un rimpianto insostenibile. Gli occhi invece guardano lontano e sembrano già aver trovato nei misteri della morte i motivi per accettare senza dolore tutti i distacchi.

Come un’ombra paurosa sta dietro di lei una creatura dalle ali gigantesche. Ha i capelli pieni di serpi, le orecchie di animale e lo sguardo che lampeggia rosso sull’orribile naso e becco da avvoltoio. E’ Charun, il traghettatore delle anime nel loro ultimo oscuro viaggio nell’Ade, che brandisce il pesante martello con il quale spegneva la vita dei mortali, chiudendo il chiavistello della porta dell’Ade, al di là della quale non c’era più speranza di ritorno. Ma questa volta il demone etrusco ha perduto, perché la fanciulla dei Velcha ancora oggi, nonostante i millenni, continua ad incantare e sedurre, sospesa tra la vita che non vuole andarsene e la morte che ancora non vince.

 

 

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