| #BORGHIDELLATUSCIA | Bolsena

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Posta sul pendio della cinta craterica dei Monti Volsini ed in parte protesa verso le rive pianeggianti, Bolsena si offre all’occhio del visitatore lungo la sponda nord-orientale del lago omonimo, a 350 metri sul livello del mare.

La Città di Bolsena conta circa 4000 abitanti stabili che naturalmente in estate crescono fino ad arrivare anche a 10000 unità. Il Lago è completamente balneabile e riconosciuto come uno dei più puliti d’Europa. Le acque sono cristalline.

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Bolsena dispone di un attrezzato porto turistico dove è presente anche una rinomata scuola di Vela. Bolsena dispone di un magnifico lungolago ombreggiato di circa 1 Km dove fare delle splendide passeggiate. Sulle acque del Lago di Bolsena è consentita la navigazione di imbarcazioni a motore ed a vela. 

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Molto noti sono anche i numerosi Ristoranti presenti a Bolsena centro storico e sulle sponde del lago di Bolsena. Sul Lago di Bolsena nei pressi della Città di Bolsena sono presenti anche molti camping per ogni vostra esigenza turistica.

DA VEDERE A BOLSENA:

La Basilica di Santa Cristina è un complesso architettonico distinto in quattro nuclei: la basilichetta ipogea detta Grotta di Santa Cristina e le catacombe, l’edificio romanico a tre navate, la Cappella del Miracolo e la Cappella di San Leonardo. La parte più antica del complesso è costituita dalle catacombe e dalla Grotta di Santa Cristina, ritenuta il primitivo luogo di culto della Santa (anche se, nella sua struttura attuale, la costruzione risale al X secolo), pare infatti che il corpo della giovanissima martire, vittima della persecuzione di Diocleziano (fine del III secolo d.C.), sia stato sepolto dai suoi compagni di fede in una tomba ricavata nelle catacombe, sulla sua sepoltura in seguito fu eretto un altare su cui officiare i sacri riti. Ai primi del XVI secolo, sul luogo sotto il quale giaceva il corpo della Santa venne sistemata una bellissima statua in terracotta, attribuita a Benedetto Buglioni, raffigurante la martire bambina giacente nel sonno della morte. 

La tradizione popolare narra che Cristina, figlia del prefetto Urbano, convertitasi alla fede cristiana contro la volontà del padre, venne da questi sottoposta a crudeli torture dalle quali la giovinetta usciva sempre indenne glorificando Dio. 

Morto Urbano, gli succedettero Dione e Giuliano che continuarono a tormentare Cristina nell’intento di farla abiurare, ma la fanciulla continuò ad uscire illesa dai martiri, fino a che una freccia le trapassò il cuore, un 24 luglio di un anno imprecisato, regnando Diocleziano. 

Dalla basilichetta ipogea si diramano gli ambulacri della catacomba, parte di questa suggestiva necropoli paleocristiana venne distrutta dalla costruzione della basilichetta stessa. 

Come tutti i cimiteri dell’antichità, sorse subito fuori dell’area urbana, nei pressi di una strada identificabile probabilmente con l’antica via Cassia. 

Le molte testimonianze epigrafiche donateci dalla catacomba ci confermano come il Cristianesimo inglobasse sia i ceti umili che le classi sociali più elevate, lo si desume dalla lettura delle iscrizioni tombali che vanno dai semplici graffiti sulla calce alle iscrizioni in versi e in prosa ed ai dipinti. La necropoli ebbe vita dagli ultimissimi anni del III secolo al primo decennio del V.

Al centro della Grotta di Santa Cristina è collocato l’Altare del Miracolo cui è incorporata la pietra su cui, secondo una devota tradizione, la Santa impresse l’impronta dei suoi piedi, il Ciborio a copertura piramidale, risalente all’VIII secolo, è sorretto da quattro colonne in marmo rosa, terminanti in capitelli di stile corinzio. La balaustra in pietra che circonda l’altare risale alla metà del secolo XVI.

L’altare del Miracolo o delle Quattro Colonne, è legato al ricordo del Miracolo Eucaristico avvenuto nel 1263 quando, secondo la tradizione, un prete boemo tormentato da dubbi sulla reale presenza di Cristo nell’Eucarestia, andando pellegrino a Roma, sostò a Bolsena ed ivi celebrò la Messa nella Grotta di Santa Cristina. 

Pare che, al momento della consacrazione, l’ostia tra le mani del prete stillasse sangue di cui rimasero macchiati il corporale ed alcune delle pietre pavimentali. Quelle pietre sono oggi collocate nella cappella barocca detta del Miracolo, il corporale invece è custodito nel Duomo di Orvieto. Nell’adiacente Cappella di San Michele si può ammirare la pala ceramica raffigurante la Crocefissione (1496), attribuita a Benedetto Buglioni.

La parte centrale del complesso architettonico della basilica si fa risalire all’anno 1078 e si dice tradizionalmente che sia stata fatta costruire, su un precedente edificio di culto, dalla devozione di Madide di Canossa e dalla volontà del papa Gregorio VII. La costruzione, con pianta a croce latina, è a tre navate con copertura a capriate, l’interno, con la nuda semplicità delle pareti e le rozze colonne bombate, in parte provenienti da pilastri di edifici romani, conserva i caratteri originali dello stile romanico.

Dietro all’altare maggiore si conserva un pregevole polittico, opera di Sano di Pietro (1406-1481), nella Cappella detta di Santa Lucia si può ammirare un busto di terracotta attribuito a Benedetto Buglioni e dei pregevoli affreschi (fine XV secolo), opera di Domenico di Giovanni De Ferrariis da Mondovì (1498). Sempre alla perizia dello scultore fiorentino Benedetto Buglioni è attribuibile il Ciborio ceramico che, dopo vari spostamenti e dopo un attento restauro, dal 1996 ha trovato definitiva e appropriata sistemazione nella Cappella del SS. Sacramento.

Di notevole interesse artistico sono le pale settecentesche, opera di Francesco Trevisani, Sebastiano Conca e Andrea Casali. La facciata della chiesa romanica risale alla fine del XV secolo e fu eretta per volontà del cardinale Giovanni de’ Medici, il futuro Leone X. Essa è elegantemente tripartita da lesene decorate, la cui continuità viene interrotta da un cornicione trapezoidale. Due lunette con raffinate terre-cotte, sempre del fiorentino Benedetto Buglioni, sovrastano la porta centrale della chiesa e quella della Cappella di San Leonardo, situata a destra della chiesa stessa. Il campanile (secolo XIII) si eleva, snello ed elegante, ornato da tre ordini di finestre bifore.

La Cappella Nuova del Miracolo, eretta in ricordo del Miracolo Eucaristico, fu edificata alla fine del XVII secolo occupando l’area di un grande cortile sul quale precedentemente si affacciava il prospetto della Grotta di Santa Cristina. L’interno di questa cappella, a pianta circolare è in imponente stile barocco. Sul suo altare maggiore sono conservati i marmi macchiati del sangue sgorgato dall’ostia e una bella tela di Francesco Trevisani (XVIII secolo) rappresenta il Miracolo di Bolsena. La facciata della cappella è neoclassica e risale al 1863.

La Rocca Monaldeschi e il museo territoriale del Lago di Bolsena:

La Rocca Monaldeschi della Cervara si erge sulla sommità di un rilievo che domina il quartiere medievale. Fu edificata, a partire dal secolo XI, in più riprese, fino al secolo XIV, quando i Monaldeschi della Cervara ne fecero un baluardo del loro dominio su Bolsena. La pianta della Rocca, irregolare, è a forma trapezoidale ed ai suoi angoli si innalzano snelle quattro toni diverse tra loro, che rivelano l’originaria struttura gotica della costruzione, queste sono incorniciate da sporgenze regolari sorrette da mensole dentellate sulle quali poggiano archetti depressi. I locali della Rocca Monaldeschi ospitano oggi la sede del Museo Territoriale del Lago di Bolsena al quale si accede attraverso un cortile nel quale sono conservati stele e altari funerali.

| #BORGHIDELLATUSCIA | BolsenaLa Rocca Monaldeschi

Questo si suddivide in sei sezioni delle quali una puramente didattica che ricostruiscono la storia del lago e delle diverse civiltà che intorno ad esso sono sorte e si sono sviluppate. La sezione dedicata alla protostoria documenta, oltre che attraverso pannelli didattici, anche con interessanti reperti archeologici, insediamenti di cultura villanoviana. Le vetrine della sezione etrusca mostrano reperti provenienti da tombe rinvenute nella zona intomo al lago. Nella parte del Museo dedicata alla cultura romana, oltre a vasi ceramici, lucerne e pitture, desta interesse il Trono delle Pantere, destinato al culto di Dioniso e rinvenute nella zona intorno al lago. Le altre sezioni illustrano la storia del borgo medievale bolsenese, con particolare attenzione alle attività economiche dell’epoca e gli aspetti naturalistici del lago, la flora, la fauna, le caratteristiche morfologiche. Alcuni pannelli trattano dettagliatamente dell’attività peschereccia nel lago, illustrandone i mezzi e la terminologia. Al termine della visita al Museo è possibile salire sugli spalti della Rocca da cui si può ammirare il suggestivo panorama del lago.

La Chiesa di San Francesco a Bolsena: La chiesa con le sue linee sobrie ed eleganti, sorge in Piazza Matteotti. Fu eretta all’inizio del XIII secolo in forma romanica in onore alla Natività di Maria Santissima. In seguito, quando dopo l’approvazione dell’Ordine Francescano, la chiesa fu dedicata a San Francesco, la primitiva forma romanica fu sostituita da quella di un gotico raffinato, conservato nel pregevole portale. Il suo interno, di suggestiva semplicità, è a navata unica terminante in un’abside quadrata, con tetto a capriate. Completamente ristrutturata e chiusa al culto, è oggi adibita ad attività culturali, trasformata in un grande edificio teatrale.

TRADIZIONI MANIFESTAZIONI E FOLCLORE 

I misteri di Santa Cristina a Bolsena: La manifestazione bolsenese più spettacolare e la più importante dal punto di vista delle tradizioni storiche e culturali è quella della rappresentazione dei Misteri. Questi hanno probabilmente origine come sacre rappresentazioni, nel Medioevo, sulla trama della Passione di Santa Cristina, risalente al V secolo.

La sera del 23 luglio, il simulacro della Santa viene traslato dalla basilica che porta il suo nome alla Chiesa del Santissimo Salvatore, nel quartiere del Castello. Mentre il corteo che accompagna la statua sfila, sui cinque palchi di legno dislocati in vari punti del percorso vengono rappresentate altrettante scene, in forma muta e immobile (salvo qualche eccezione), dei supplizi subiti dalla martire bambina.

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Al mattino del 24, il corteo con la statua farà il percorso inverso e sugli stessi palchi della sera precedente verranno rappresentati altri cinque martiri. Le scene che solitamente vengono raffigurate sono: la ruota, la fornace, la caldaia, il lago, i diavoli, le verghe, i serpenti, il taglio della lingua, le frecce, la sepoltura. 

Questi soggetti, nel corso dei secoli, non hanno mantenuto una costante, fatta eccezione per le scene dei diavoli e dei serpenti, che si ritrovano nelle descrizioni più antiche della manifestazione.

Sicuramente la scena del martirio dei serpenti risulta la più spettacolare di tutte anche perché, per la rappresentazione, vengono utilizzate delle vere serpi, catturate nelle campagne di Bolsena, i giorni precedenti la festa. Alla manifestazione partecipano attivamente centinaia di persone del luogo, in particolare giovani, con impegno organizzativo ed orgoglio nel far rivivere una tradizione che sappiamo, nel corso dei secoli, non aver subito interruzioni.

Le infiorate del Corpus Domini a Bolsena:  Ogni anno in occasione della festa del Corpus Domini, tutto il centro storico bolsenese viene tappezzato da un arazzo floreale che si snoda, per circa due chilometri, lungo tutto il percorso della processione, anche nei vicoli più stretti del quartiere medievale. L’infiorata è frutto dell’iniziativa di gruppi di cittadini che si impegnano, prima nella raccolta dei fiori, poi nella creazione delle decorazioni e nella faticosa esecuzione di esse. 

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La raccolta dei fiori avviene pochi giorni prima della festa e, di solito, di prima mattina, quando il sole non ne ha ancora avvizzito la freschezza e il profumo, questi vengono poi tenuti in luoghi freschi e oscuri, fino al momento in cui verranno utilizzati.

Le specie più comunemente usate sono le ginestre, le acacie (fiori e foglie), i rosolacci, i fiordalisi, le ròse canine, il trifoglio, i fiori di cardo, della veccia e del luppolo, le felci. I disegni, che generalmente sono il semplice susseguirsi di figure geometriche, raramente figurativi, vengono realizzati precedentemente su carta o, il giorno stesso, sulla pavimentazione stradale, si procede quindi alla decorazione vera e propria con la realizzazione dei contorni fatta in genere con fondi di caffè, con segatura dipinta di nero o con le infiorescenze del castagno fatte macerare in acqua, poi si riempiono le varie parti del disegno con i fiori interi o con i petali di essi, bagnandoli continuamente con vaporizzazioni di acqua per evitare che il vento li disperda.

Il frutto dell’appassionato lavoro, che a volte ha inizio nella tarda mattinata e si protrae fino attardo pomeriggio, è di breve durata, infatti all’arrivo della processione, in particolare al passaggio del SS. Sacramento, il tappeto floreale verrà calpestato, lasciando a terra macchie informi di colore e nell’aria una impareggiabile, indescrivibile fragranza.

La Festa delle Ortensie a Bolsena: Oltre alle tradizionali “infiorate”, Bolsena, che da alcuni anni si fregia del titolo di “Città delle Ortensie”, ospita anche una festa dedicata a questa magnifica pianta.

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Alla manifestazione, che solitamente si tiene nell’ultimo week-end di giugno, partecipano alcuni tra i più noti vivaisti nazionali che trasformano per tre giorni le vie del borgo medievale in un immenso giardino fiorito.

NOTIZIE STORICHE SU BOLSENA

Gli Etruschi a Bolsena:  Solo modeste tracce ha lasciato la presenza etrusca nel comune di Bolsena in un piccolo insediamento fortificato ed in alcune tombe risalenti al VII-VI secolo a.C.

Invece tra le località che si affacciavano sulle acque del lago di Bolsena, quella che ebbe maggiore importanza in epoca etrusca fu Bisenzio che, arroccata su di uno sperone roccioso, controllava vaste aree pianeggianti. Tracce della presenza etrusca sono rilevabili anche sulle due isole che fanno parte del lago di Bolsena, in particolare sull’isola Bisentina, dove la presenza di insediamenti etruschi è testimoniata da ritrovamenti di tombe e vasellame databili al VI secolo a.C.

I Romani a Bolsena: Quando i Romani, nella loro espansione verso i territori dell’area tiberina e della costa tirrenica, distrussero definitivamente l’etrusca Velzna (l’attuale Orvieto) nel 264 a.C, gli scampati scesero a popolare le sponde nord-orientali del lago di Bolsena. Sorse così Volsinii Novi, in posizione meno munita della precedente. 

Fu questa la prima “colonizzazione” romana di una popolazione che, dopo la distruzione, conduceva una vita sociale dal tono dimesso. In seguito, quando Volsinii fu compresa nel tracciato della Via Cassia iniziò la “civilizzazione” romana e, alla fine della Guerra Sociale (89 a.C), l’integrazione di Volsinii al mondo romano fu completa, con la sua elevazione a Municipio.

Numerose iscrizioni di carattere pubblico documentano un periodo di prosperità che Volsinii attraversò tra il I ed il IV secolo d.C, periodo nel quale diede i natali a personaggi celebri quali Lucio Seio Strabene e Lucio Elio Sciano, rispettivamente padre e figlio, entrambi prefetti del pretorio sotto gli imperatori Augusto e Tiberio, nonché al poeta Rufo Pesto Avieno, che ebbe anche la carica di proconsole d’Africa ed al filosofo Caio Rufo Musonio.

Il Cristianesimo a Bolsena: Importanti testimonianze paleocristiane, quali le Catacombe di Santa Cristina e quelle di Gratte, (attive nel IV e V secolo d.C.), documentano in Bolsena la presenza di una numerosa comunità cristiana molto attiva, sorta intorno al culto di Santa Cristina, anche se ancora fortemente attaccata alle tradizioni pagane. 

Scarse e piuttosto tarde sono le testimonianze letterarie relative alla prima comunità cristiana bolsenese, tuttavia sappiamo che in questo periodo la città fu sede di diocesi, anche se per un lasso di tempo relativamente breve è possibile infatti che in seguito la dignità episcopale sia passata da Bolsena ad Orvieto e Bagnoregio, la cui importanza si era accresciuta in età longobarda.

La Città di Bolsena tra il Medioevo ed il Rinascimento: Bolsena venne rasa al suolo dai Longobardi nella seconda metà del VI secolo d.C. i superstiti delle terribili incursioni abbandonarono la città romana e costruirono un nuovo borgo, un primo modesto nucleo abitato, sulla rupe che ancora oggi ospita il quartiere medievale.

Alla fine della dominazione longobarda, Bolsena entrò a far parte dei possedimenti della Chiesa, sotto la diocesi di Orvieto di cui divenne in pratica una proprietà, infatti, nel 1398 il papa Bonifacio IX la concesse in vicariato ai Monaldeschi della Cervara, che ne ebbero il possesso fino alla metà del XV secolo.

All’epoca dei Monaldeschi risale la rocca che domina la rupe attorno alla quale si stringe il borgo medievale; essa fu fatta costruire sul finire del XIV secolo dai Monaldeschi, come roccaforte del loro dominio su Bolsena.

Nel 1263, essendo papa in Orvieto Urbano IV, avvenne a Bolsena quel Miracolo eucaristico la cui fama si diffuse rapidamente nel mondo cristiano e che sollecitò il pontefice ad istituire, con la Bolla transitums de hoc mundo, la festività del Corpus Domini, affidando a Tommaso d’Aquino la stesura dell’Ufficiatura e della Messa per questa nuova solenne festività.

Nel corso del Rinascimento, la storia di Bolsena procede parallelamente a quella del Papato. 

Bolsena fu a quell’epoca meta ambita di illustri personaggi, dal cardinale Giovanni de’ Medici, il futuro Leone X, alla cui volontà dobbiamo la costruzione della facciata della Chiesa di Santa Cristina (fine del XV secolo), al cardinale Tiberio Crispo che, intorno alla metà del ‘500, fece erigere il palazzo che porta il suo nome, come residenza del Cardinale Legato del Patrimonio che aveva sede appunto a Bolsena, dal Pontefice Pio II Piccolomini a Paolo III Farnese.

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