| #DINTORNIDELLATUSCIA | La città perduta di Vitozza – SORANO

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Esiste un luogo nella bassa Toscana, fatto di grotte e architetture dirute. Si tratta di Vitozza, l’insediamento rupestre più esteso del centro Italia, chiamata la città perduta perché fu abbandonata alla metà del ‘400.

STORIA

Come il resto dei borghi disseminati nella Maremma, la sua storia inizia con gli Aldobrandeschi, una famiglia appartenente all’aristocrazia lucchese discendente dai Longobardi. Grazie ad appropriate manovre politiche, la nobile famiglia degli Aldobrandeschi entrerà in possesso di un vastissimo territorio dipendente da Sovana e parteciperà attivamente alla politica italiana medievale. Lo stesso Dante citerà più volte gli Aldobrandeschi o personaggi a loro legati, all’interno della Divina Commedia.

Vitozza era dunque uno dei tanti castelli di questa potente famiglia, inizialmente parte della “Terra Guiniccesca”, un territorio comprensivo di dodici castelli governati indirettamente dagli Aldobrandeschi, ceduta dall’ultimo vassallo a Orvieto. Si apre da qui una disputa tra la famiglia lucchese e le più importanti realtà comunali dell’epoca, Orvieto e Siena, pronte a spartirsi il territorio ricco di terreni fertili, acqua e soprattutto unico ostacolo alla costa tirrenica dove erano presenti i porti e le saline. Non era facile per i conti di Sovana difendere un territorio tanto vasto, paragonabile all’attuale provincia di Grosseto, per questo motivo furono costretti a dividere progressivamente la Contea in territori più piccoli, l’ultima divisione è quella del 1274 tra la Contea di Sovana e la Contea di Santa Fiora. Questo non bastò, l’ultima contessa di Sovana, Margherita Aldobrandeschi, sarà costretta a cedere il territorio di sua competenza (Sovana, Vitozza, Sorano e Pitigliano) alla famiglia romana degli Orsini.

Approfittando della situazione instabile, si fece avanti Siena, appropriandosi prima di Sovana e poi di Vitozza. Gli Orsini si dimostrarono tenaci combattenti e nel 1455 prepararono la rivincita escogitando uno stratagemma: si finsero senesi in aiuto e si fecero aprire le porte del catello di Vitozza, portando così a segno la più facile delle vittorie! La condizione di perenne conflitto aveva ormai estenuato la popolazione che si era progressivamente spostata nella vicina Sorano e nel nuovo centro urbano di San Quirico, lasciando la città in balia di guerre e distruzioni. Vitozza però non fu mai totalmente abbandonata, dal censimento lorenese del 1783 risultano abitate ancora sessanta grotte da famiglie di contadini e pastori.

L’INSEDIAMENTO

L’insediamento rupestre è abbastanza esteso e si sviluppa su un pianoro di tufo, fiancheggiato dal torrente San Quirico e dal fiume Lente. Si possono scegliere due itinerari diversi, uno più turistico che necessita di circa due ore e mezzo di cammino e l’altro escursionistico di circa sette km: il primo è relativo alla parte alta del pianoro, su cui si sviluppava l’antica città e dove è possibile visitare le numerose grotte scavate nel tufo, una delle poche colombaie ancora visibili, i ruderi della “Chiesaccia” e due fortificazioni; il secondo itinerario comprende anche la vallata sottostante, dove nasce il fiume Lente e dove si scorgono i resti dell’acquedotto ottocentesco.

Un tour di estremo fascino, immersi in una natura pressoché incontaminata dominata da felci, licheni rari come la Lobaria Pulmonaria e da libellule dai colori più svariati.

Approfondimento a cura di Giada Pellegrini (ConGiadaInGiro) – Contatto: 335 6039081 (Whatsapp)

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